18 Apr 2025
Troppa Italia a Bruxelles
L’eccesso di regolamentazione può far perdere di vista gli obiettivi: servono semplificazione e sostegno alle Pmi per risultati concreti
Intervista a LARA PONTI
Le nuove normative europee in materia di sostenibilità per le aziende comportano più opportunità o incombenze?
Come tutti i cambiamenti, presentano certamente opportunità di sviluppo. Le imprese italiane in particolare sono sempre molto innovative, capaci di trovare strategie alternative velocemente. Siamo molto più avanti degli altri paesi, ad esempio, nel riciclo e siamo tra i primi paesi nell’utilizzo di materie prime seconde nella componentistica per il fotovoltaico. Il vero problema è che la regolamentazione sta diventando pantagruelica, enorme, oggettivamente molto complessa e, soprattutto, non tarata sulla dimensione delle aziende.
Per fare un esempio concreto, la normativa della CSRD per la rendicontazione è molto complessa: se l’azienda è strutturata può affrontarla, ma per quelle più piccole diventa davvero onerosa. Quel che sta succedendo è che anche le aziende che dal punto di vista formale non sono tenute ad adeguarsi, nei fatti devono produrre gli stessi dati perché sono fornitrici di aziende che invece sono sottoposte alla normativa.
Si tratta di un compito molto impegnativo, che non è tarato sulle possibilità reaii delle piccole aziende, per ragioni di costi, tempo, competenze. Al tema della complessità si aggiunge il tema delle normative confliggenti. E poi c’è un’altra questione altrettanto grave.
Quale?
Questo eccesso di regolamentazione fa perdere di vista l’obiettivo iniziale che era la trasparenza. La stessa CSRD nasce con l’intento molto positivo di rendicontare la sostenibilità e anche di rendere comparabili le imprese, così che il consumatore o il cliente potessero davvero verificare quale azienda fosse più avanti su questo tema. Invece, con una procedura così complessa, le imprese si concentrano sulla dimensione operativa e perdono il senso del valore evolutivo, di trasparenza, di maggior tutela del consumatore. Tutto questo è negativo perchè sviluppa nelle aziende un’insofferenza verso i regolatori dell’Unione europea e anche verso il tema della sostenibilità, con la percezione che si tutto “carta” e burocrazia.
L’Ue sta affrontando questo problema?
Sembra che nelle linee strategiche della Von der Leyen sia previsto: la semplificazione è uno dei primi obiettivi. Come lo è nel rapporto Letta e in quello Draghi.
Bisognerà vedere se ci saranno azioni concrete e se le norme emanate potranno essere ancora modificate nell’ambito dei numerosi decreti attuativi.
In Italia, il problema è che spesso aggiungiamo complicazione a complicazione… dico sempre che c’è troppa Italia a Bruxelles, hanno assunto i nostri peggiori difetti.
E Confindustria come si muove?
Stiamo lavorando intensamente a tutti i livelli, sia con i ministeri che a livello europeo con la nostra delegazione a Bruxelles. Lavoriamo per fare comprendere quali sono le conseguenze sulle imprese di norme ideali sulla carta ma complesse da gestire quando si prova ad attuarle. Inoltre, stiamo lavorando anche a livello dei territori e con le categorie. Abbiamo cominciato da tempo a supportare le aziende, fornendo strumenti, linee guida e formazione.
Lavoriamo sempre su due livelli, quello delle istituzioni sulla dimensione regolatoria e normativa e quello degli strumenti concreti per le imprese. La sfida dei prossimi anni è quella di aiutare tutte le imprese a cogliere le opportunità della transizione.
Qual è il livello di implementazione delle nuove logiche sostenibili?
Ci sono imprese che sono molto avanti, che hanno colto il paradigma dello sviluppo sostenibile come opportunità, portando avanti una offerta di servizi e prodotti innovativi e un necessario cambio strategico organizzativo.
Altre invece sono più indietro; perché hanno sottovalutato i lcambiamento, o spesso per problemi di tempo, di concentrazione sull’ordinario. La nostra grande convinzione è che la transizione sarà efficace e di successo se coinvolgerà le ziende di tutte le dimensioni e tipologie e in tutte le filiere: l’Italia ha tante interconnessioni nelle filiere del territorio, se tutti crescono, il Sistema Paese cresce. Lavoreremo tanto per raggiungere questo risultato.
Ci riescono anche le piccole?
Sì, e ce ne sono che nascono già con questo approccio, come diverse startup. Nelle piccole e medie imprese tutto è maggiormente basato sulla capacità e sulla visionarietà degli imprenditori e delle imprenditrici. Tuttavia non c’è un rapporto causa-effetto lineare. Sebbene le grandi imprese abbiano spinte più oggettive per accelerare il cambiamento e lo stiano facendo, non tutte hanno intrapreso questa strada. Le transizioni verso la sostenibilità e la digitalizzazione vanno abbastanza di pari passo: in particolare, la digitalizzazioneè un grande strumento, da utilizzare per la transizione sostenibile. Facilita la raccolta, l’elaborazione e la comprensione dei dati che bisogna rendicontare, e insieme agli strumenti di intelligenza artificiale è di grande supporto per il risparmio energetico e l’efficientamento. Nella transizione digitale le aziende medio-piccole sono più indietro, perché hanno meno risorse e competenze specialistiche a disposizione. La transizione sostenibile è invece più trasversale, perché dipende dalla sensibilità, dalla capacità di leggere il futuro delle imprese, oltre che dall’età media del Cda e dalle competenze.
Per approfondire
LIBRI
Abhijit V. Banerjiee, Esther Duflo Una buona economia per tempi difficili, Laterza, 2020
