21 Feb 2025
Norme ESG, l’impresa diventa più sociale
Le nuove direttive europee creano valore e rilanciano la competitività lungo la filiera
intervista a MARA CHILOSI
Ci può illustrare brevemente le novità normative in tema di Esg?
Nel corso del 2024 l’Unione Europea ha emanato diversi atti normativi riguardanti l’impatto delle attività produttive sull’ambiente e sui diritti sociali, al fine di attuare i principi e i criteri direttivi codificati nel Green Deal Europeo e di supportare così la “transizione verde” del sistema economico europeo. Fra questi, si annoverano due interventi particolarmente rilevanti: la Direttiva (UE) 2022/2462, nota come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), recentemente attuata in Italia con il d.lgs. 6 settembre 2024, n.125; la Direttiva (UE) 2024/1760, nota come Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D).
La Direttiva CSRD disciplina la rendicontazione societaria di sostenibilità; la Direttiva CS3D, invece, riguarda la due diligence della supply chain da parte delle imprese committenti di elevate dimensioni.
La prima prevede la progressiva estensione del dell’obbligo di pubblicare la rendicontazione di sostenibilità a tutte le grandi imprese e a tutte le società quotate in mercati regolamentati, comprese le PMI quotate, escluse soltanto le microimprese quotate. L’obbligo si estende anche alle imprese non europee che operino nell’Unione attraverso società “figlie” o succursali.
La seconda, invece, obbliga le imprese e i gruppi di grandi dimensioni a mettere in atto strumenti di controllo della propria filiera a livello globale, al fine di verificarne i requisiti ambientali, sociali e di governance e di ridurne gli impatti negativi. È evidente che, di riflesso, questi obblighi, seppur incombenti sul committente, abbiano inevitabilmente effetto sulle imprese a valle, che dovranno adeguarsi se vogliono restare sul mercato. Una grande opportunità per le imprese europee che, attraverso questa nuova normazione, potranno recuperare competitività rispetto ai competitor extraeuropei.
Quali sono i vantaggi per le imprese che possono derivare dall’adesione alle nuove direttive Esg?
Le imprese europee, indipendentemente dalle proprie dimensioni, hanno da tempo percepito l’esigenza di dotarsi di strumenti di governance e organizzativi integrati in grado, oltre che di produrre il bene o il servizio generando profitto, di gestire al meglio i rischi e di creare valore, non solo per gli azionisti, ma per la società nel suo complesso. Se ci pensiamo, questo cambiamento in atto va verso la realizzazione di quella “impresa sociale” di cui già parla l’art. 41 della nostra Costituzione. Le direttive Esg sono funzionali alla creazione di valore sotto il profilo ambientale, sociale e della stabilità finanziaria, organizzativa e operativa dell’impresa.
Le imprese sono chiamate a un rilevante sforzo in termini di visione, dotazione di risorse, investimento economico, rinnovamento dei propri processi produttivi e commerciali e della relazione con tutti gli stakeholder (dipendenti, clienti, fornitori, pubbliche amministrazioni, cittadinanza e altri ancora),ma la promessa in termini di risultato utile è altrettanto significativa: maggiore competitività a lungo termine, capacità di soddisfare le aspettative del mercato e dei portatori di interesse, accesso agevolato al credito.
Quale può essere l’impatto sulle piccole imprese italiane? In positivo e in negativo.
Certamente non è un percorso facile, la complessità della normativa è elevata, l’insidia è dietro l’angolo (pensiamo al rischio di greenwashing e a quelli connessi a rendicontazioni non veritiere), servono competenze specialistiche che difficilmente le Pmi possono internalizzare e un grande sforzo anche in termini di digitalizzazione e di innovazione. Il tutto in un Paese, come il nostro, dove la burocrazia è un problema oggettivo e dove la pubblica amministrazione non agevola i cambiamenti, a causa di problemi strutturali che non si riescono a risolvere. Alcune piccole e medie imprese che hanno già affrontato questo percorso e hanno accettato la sfida di accreditarsi presso grossi committenti che da tempo richiedono alla propria filiera di soddisfare requisiti e standard più elevati di quelli minimi di legge riferiscono però di averne tratto enormi vantaggi, aumentando il numero delle commesse e la loro remuneratività. Ne è prova anche la proliferazione di imprese benefit certificate.
Come la normativa sulla sostenibilità delle filiere influirà sulle aziende del comparto legno?
Il comparto del legno è sicuramente interessato da queste normative, come tutti gli altri comparti industriali del Paese, nel senso che diverse imprese dovranno fronteggiare i nuovi adempimenti essendovi tenute per legge. Ma questa considerazione non esaurisce la risposta. Si tratta infatti di un settore che, più di altri, può effettivamente sfruttare il vento e in cui gli investimenti in termini ambientali, sociali e di governance possono essere significativi. Pensiamo alle iniziative volte alla riduzione degli impatti ambientali della produzione (attraverso l’efficientamento energetico, l’innovazione impiantistica e tecnologica, la prevenzione dei rifiuti e la simbiosi industriale, l’utilizzo di materiali secondari nella produzione al posto di materia prima vergine, per fare degli esempi), all’adozione di nuovi modelli di consumo (come quello del “prodotto come servizio”), ma anche a quelle che riguardano l’implementazione della tracciabilità e del monitoraggio della filiera lungo tutta la catena del valore, a partire dalle materie prime fino al rifiuto costituito dal prodotto a fine vita. L’adesione a sistemi di responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, come prevede la Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98), può agevolare queste iniziative e alcuni comparti, come quello delle costruzioni in legno, hanno già manifestato interesse a riguardo.
Quale potrebbe essere il ruolo delle associazioni che rappresentano le aziende?
Il ruolo delle associazioni di categoria è fondamentale. Monitorano l’attuazione delle normative europee a livello nazionale onde garantire che le soluzioni prescelte dal nostro legislatore siano coerenti con le caratteristiche del tessuto produttivo italiano. Supportano le imprese nella comprensione degli adempimenti. Erogano formazione. Possono favorire le relazioni tra imprese per progettualità comuni e condivise. Possono sviluppare strumenti digitali e piattaforme da mettere a disposizione delle imprese, pensiamo, ad esempio, agli strumenti di supporto per la rendicontazione di sostenibilità. Questa normativa è in grado di rilanciare così anche il ruolo delle associazioni.
