18 Lug 2025

Il mondo non è mai stato così caldo

Ridurre le emissioni di gas serra rimane la strada maestra per combattere il cambiamento climatico

Intervista a CARLO BUONTEMPO

Cambiamento climatico. Qual è la situazione attuale?

Con il programma Copernicus monitoriamo costantemente lo stato del clima, trasformando i dati provenienti dai satelliti e da terra in informazioni più facilmente fruibili e digeribili dal pubblico e dai decisori politici. Quel che è successo negli ultimi mesi è stato abbastanza straordinario dal punto di vista della temperatura sia degli oceani (con quindici mesi consecutivi che sono stati i più caldi della storia) sia dell’aria che ha raggiunto delle quote record per tredici mesi consecutivi: ogni mese è stato il più caldo mai registrato a partire dal giugno dell’anno scorso.

Non ha mai fatto così caldo sulla terra?

I dati climatici sui quali abbiamo un controllo diretto iniziano dal 1940 anche se esistono alcune serie storiche precedenti. Esiste una letteratura scientifica abbastanza ampia a riguardo. Le temperature registrate negli ultimi dodici mesi sono inusuali rispetto a quelle delle ultime migliaia di anni. E’ verosimile dunque che gli ultimi dodici mesi (anche forse gli ultimi anni) siano stati i più caldi degli ultimi centomila anni. Nella storia della nostra civiltà non abbiamo mai dovuto confrontarci con un mondo così caldo e ciò vale anche per la temperatura del mare. Secondo me questo è un buon punto di partenza per riflettere su un cambio di paradigma. Spesso si parla del cambiamento climatico come qualcosa che avverrà in futuro, ma in realtà il cambiamento climatico è già qui. Le temperature e tutta una serie di altre variabili marcano una differenza fondamentale rispetto a quello che è stato il clima nel passato, dalla fine dell’ultima glaciazione in poi.

Rispetto agli obiettivi fissati come stiamo andando?

Sono dodici mesi che la temperatura globale è al di sopra di un grado e mezzo rispetto al periodo pre-industriale, contrariamente a quanto previsto dagli Accordi di Parigi. Questa è un’indicazione di ciò che ci aspetta, le conseguenze sono già ampiamente visibili in montagna, nei fiumi. Uno degli aspetti trattati nel rapporto climatico dello scorso aprile congiuntamente con l’Organizzazione metereologica mondale delle Nazioni Unite è l’analisi delle conseguenze per vari settori specifici. Un evento di grande impatto tra il 2022 e il 2023 è stato la perdita del 10% della massa glaciale delle Alpi, un volume mostruoso. Ancora più significativo è il fatto che, guardando indietro dagli anni Ottanta ad oggi, si è perso un volume di centinaia di migliaia di metri cubi all’anno: questo dovrebbe bastare per descrivere la gravità del problema. Non sono solo i ghiacciai a doverci preoccupare. Quella della banchisa polare artica è una delle storie più impattanti in termini di perdita di habitat. Negli ultimi due anni, stiamo assistendo alla perdita di ghiaccio marino in Antartide, finora rimasto abbastanza stabile, con una perdita del 30% della superficie. L’ultima variabile che vale la pena menzionare è il livello del mare.

Quali sono i dati in merito?

Negli ultimi trent’anni il grafico del livello del mare è in crescita continua, con un’accelerazione di circa tre millimetri all’anno. SI tratta di una decina di centimetri da quando frequentavo l’università: è un dato piuttosto spaventoso. Da ora in poi, non esiste uno scenario realistico in cui questa tendenza all’aumento del livello del mare possa cambiare nei prossimi due o tre secoli. Le nostre scelte attuali avranno un impatto su molte generazioni future: un aumento di due o tre metri continuerà ad essere importante. Mentre per alcune variabili esiste la possibilità di tornare indietro con tempi lunghi, ma quasi umani, per altre l’impatto è di carattere quasi geologico.

Cosa si può fare per contrastare questa preoccupante situazione?

E’ una domanda complessa. Da fisico di formazione, mi piace semplificare i problemi. Dal punto di vista puramente climatico, sappiamo cosa sta generando il riscaldamento globale: in larga misura è l’aumento dei gas serra nell’atmosfera insieme a una serie di altri feedback. Se vogliamo limitare il riscaldamento sotto i due gradi come previsto dagli Accordi di Parigi, e possibilmente sotto 1,5 gradi, dobbiamo raggiungere le emissioni zero nel più breve tempo possibile. Arrivare a emissioni zero è un passo fondamentale per cercare di contrastare il problema. Esistono altri aspetti che influenzano il clima: si può pensare, ad esempio, di intervenire sulla geoingegneria, sulla riduzione delle radiazioni solari attraverso l’immissione di particelle in stratosfera. Queste sono opzioni che sono state formulate e vengono discusse dai politici. Anche nella dichiarazione finale del congresso del Word Climate Research Programme che si è tenuto nel 2023 a Kigali viene citata la necessità di studiare le possibilità della geoingegneria, anche se la maggior parte della comunità non ritiene che questa sia la soluzione più ragionevole al problema dei cambiamenti climatici. Ridurre le emissioni di gas serra rimane il meccanismo principale attraverso il quale possiamo intervenire. Anche perché questi approcci di bioingegneria non toccano alcuni aspetti del problema: per esempio, l’aumento della CO2 nell’atmosfera aumenta l’acidità degli oceani. Le conseguenze possono minare le basi della catena trofica e la disponibilità di ossigeno generato dal fitoplancton. Il sistema climatico è complesso e gli impatti non sono ovvii.

Ha senso affrontare il problema su scala che non sia globale?

Non ci sono dubbi che l’adattamento climatico si possa fare su piccola scala, ma ci dobbiamo comunque confrontare con un clima già profondamente diverso da quello che ha sostenuto le nostre pratiche agricole su scala locale. D’altro canto, la mitigazione locale non ha senso: quello del cambiamento climatico è un problema globale che richiede una soluzione globale. Ci siamo già confrontati con un problema globale come il buco dell’ozono e abbiamo trovato una convergenza globale. Questa è la strada per percorrere un problema incredibilmente più complesso come quello del cambiamento climatico che riguarda la combustione e l’esigenza di ripensare il nostro modello di sviluppo. Non si può risolvere localmente, ma solo con un accordo multilaterale e coordinato. Nonostante il fatto che le COP (Conferenze delle Parti) siano diventate nel tempo grandi kermesse e non abbiano portato a risultati eclatanti, rimangono comunque l’occasione più importante per raggiungere un accordo globale. Non ci rendiamo conto di quanto velocemente stia cambiando il mondo. Se da una parte del globo la deforestazione e le azioni distruttive proseguono, dall’altra parte vi sono anche segnali positivi. La Cina è diventata in pochi anni il più grande produttore e installatore di energie rinnovabili. Recentemente la potenza installata dai cinesi ha superato quella del resto del mondo, segnando un cambiamento epocale.

Per approfondire (suggeriti da Carlo Buontempo)

LIBRI

George Monbiot Il futuro è sottoterra. Un’indagine per sfamare il mondo senza divorare il pianeta (titolo originale Regenesis) Mondadori 2022

FIILM

Don’t look up! di Adam McKay, 2021

PODCAST

The Space Café Podcast #69: Carlo Buontempo con Markus Mooslechner

Carlo Buontempo, fisico esperto di clima, è direttore del servizio cambiamento climatico dei satelliti europei Copernicus (C3S).

Rimani aggiornato

Vuoi sapere di più sul mondo del legno?

Rimani aggiornato