17 Dic 2021
Due modelli per il regno green
Tra responsabilità estesa del produttore e crediti di CO2 le sfide e le opportunità della filiera
Intervista a Paolo Fantoni
Presidente Fantoni, che futuro vede per la sostenibilità e l’economia circolare per le imprese e il Paese?
I messaggi che stiamo ricevendo dalla Commissione europea, con l’impegno che la presidente von der Leyen sta mettendo sulla valorizzazione del legno, stanno determinando un’accelerazione nell’attenzione a tutta la filiera, che ha insita una valorizzazione dell’economia circolare e della sostenibilità nel suo complesso. Questa accelerazione non è secondo noi soltanto riferita allo sviluppo della bioedilizia, ma anche a tutta la filiera, al mobile e alla raccolta e al riciclo del legno, che in Italia è un elemento virtuoso: quasi il 94% della produzione nazionale di truciolare è fatta con legno di riciclo, quando la media europea è ancora attorno al 45-50%. Penso che tutti gli operatori e portatori di interessi del settore siano interessati a rafforzare questo trend, enfatizzando la virtuosità della tracciabilità del legno, che soprattutto nel legno di riciclo trova un fondamento tecnico nei codici Cer dei rifiuti che garantiscono da tempo la provenienza di tutto il legno. Ma anche il resto della filiera che usa legno non di riciclo avanzerà nuove proposte in questa direzione.
La responsabilità dei produttori gioca un ruolo importante in questo percorso?
Siamo tra quanti propugnano che il settore e la filiera entrino, e lo stanno facendo con coraggio e positività, nella logica dell’acquisizione della responsabilità estesa dei produttori, che sappiamo ormai essere prossima. In questi giorni percepiamo positivamente come il ministero dell’Ambiente stia cercando di accelerare questo percorso per i materassi, anche nella formazione di logiche di raccolta e di smaltimento; a ruota arriveranno i divani e i mobili. Anche Assarredo e Federlegno sappiamo che si stanno ponendo il problema con il desiderio di proporre soluzioni coerenti. A mio modo personale di vedere ci sono due possibili modelli. Uno è quello della raccolta del mobile post consumo intesa nella sua completezza, che con una logica di riuso oltre che di riciclo comprenda anche gli altri materiali, dall’alluminio al vetro al ferro e così via, sostanzialmente assimilabile a quelli che già in Francia si sono sviluppati, da Valdelia a Eco-mobilier. Il modello alternativo prevede una responsabilità dei produttori di mobili solamente per il legno, una mono-merceologia che non si fa responsabile di materiali diversi da quelli composti con il legno. Questi secondo me sono i due poli di riferimento sui quali dobbiamo valutare quali sono le opportunità e le ambizioni che i produttori di mobili vorranno accogliere. Non mi esprimo ancora a favore di uno o dell’altro: bisogna che troviamo modo nei prossimi mesi di sederci al tavolo, di capire a fondo entrambe le proposte e esprimere valutazioni in maniera ponderata.
Qual è la sua visione come Presidente di Assopannelli e quali gli obiettivi per il prossimo triennio ?
Dobbiamo fare passi avanti su diverse tematiche, come la tracciabilità e la digitalizzazione. Ma dobbiamo anche, come Assopannelli e come Federlegno, essere capaci di penetrare in maniera più approfondita nei gangli delle nostre società e clienti, offrendo una serie di informazioni che devono trovare nelle video conferenze uno strumento che crei valore e assistenza, evitando spostamenti e facendo crescere il livello culturale delle nostre competenze. Un ultimo importantissimo pilastro su cui dobbiamo lavorare è la formazione. In molte aree del paese la disponibilità di professionalità adeguate alle nuove tecnologie è un po’ carente, dobbiamo agire per avvicinare domanda e offerta, migliorando la qualificazione delle giovani leve.
Il green deal europeo può dare, oltre che un impulso generale, anche preziose risorse alle aziende?
Credo all’intento espresso dalla Commissione e inizio a vedere una grande trattativa: quella che offre al legno il riconoscimento di essere un serbatoio di stoccaggio di CO2. Si deve in primo luogo trovare un accordo a livello europeo su quanto credito di CO2 riconoscere, a chi e a che livello. La coperta è corta, ma dobbiamo decidere se i crediti della CO2 vengono riconosciuti ai paesi semplicemente alla crescita del bosco; o se come riteniamo più corretto debbano essere orientati a uno sviluppo industriale e all’utilizzo del legno, e conseguentemente riconosciuti nel momento in cui il legno è trasformato in tavole, travi, pannelli, cellulosa e così via. A nostro modo di vedere questa iniziativa deve avere un senso non semplicemente ambientalista, ma deve dare un orientamento di politica industriale, di sviluppo della cultura di utilizzo del legno. In quest’ambito un ruolo importante spetta alla capacità dei sistemi di stoccare CO2 nel momento in cui il legno viene rigenerato, nei ricicli del legno, quando si rigenerano pannelli o altri manufatti che a loro volta offrono la possibilità di stoccare ulteriormente CO2 per dieci, quindici o vent’anni. Questo reputo debba essere il fondamento del green deal nel comparto: se partiamo da questo, allora accreditiamo tutta la filiera legno del vantaggio competitivo che le è dovuto rispetto a quella del cemento, del ferro, delle plastiche e così via.
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