21 Dic 2023

Con il legno riciclato facciamo aria pulita

Così un’azienda campana produce biofiltri per i fumi di combustione

Intervista a Renato Ciampa

Come passate dal legno riciclato ai depuratori dell’aria?

Prendiamo le materie prime seconde recuperate dal ciclo degli imballaggi, le trituriamo e innestiamo del compost. In questo modo creiamo biofiltri, che tramite i batteri metabolizzano gli inquinanti e li trasformano in fertilizzanti, utili per coltivare anche la biomassa che è la materia prima di cui sono composti: un perfetto esempio di economia circolare. Siamo i primi al mondo a biofiltrare i fumi di combustione, abbattendone gli inquinanti. E’ un po’ come se ci fosse un assaggiatore che sente l’aria prima che la respiriamo, utilizzando i batteri che si nutrono degli inquinanti per trasformare per esempio i Nox, che fanno molto male soprattutto ai bambini, in nitrati, fertilizzanti utili per il ciclo dell’azoto, diventati tra l’altro più rari e costosi con la guerra in Ucraina.

I depuratori hanno bisogno di risorse naturali per funzionare?

I biofiltri per abbattere le emissioni dovute ai fumi non devono nemmeno sprecare acqua, perché il flusso dei fumi di combustione crea l’umidità che serve al biofilm che si forma sopra il legno. La natura ha concepito i cicli in modo che il problema di uno diventi la risorsa dell’altro: noi per fare incontrare esigenze e necessità montiamo i biofiltri sulle ciminiere. Che a volte, oltre a depurare i fumi dagli inquinanti, trasformano le ciminiere in giardini: così un capannone industriale diventa come un casale toscano ricoperto di edera, più caldo d’inverno e più fresco d’estate, aumentando l’efficienza dell’involucro e diminuendo l’effetto isola, la differenza di temperatura tra costruito e paesaggio naturale, che è di diversi gradi tra la città e la campagna che la circonda.

Siete a Solofra, in Irpinia, e fornite i biofiltri alle concerie…

Solofra è il terzo polo nazionale della concia delle pelli. La pelle è un sottoprodotto della macellazione della carne: si trasforma in pellame il cuoio di bovino, di coniglio e così via. Se non ci fossero le concerie, ci sarebbero montagne di pelli in decomposizione, con una grande produzione di CO2. Possiamo vedere le concerie come una sorta di aziende di riciclaggio. Con i nostri depuratori non inquinano nemmeno l’aria.

Pensa che l’abbattimento dei fumi industriali dovrebbe essere fatto con più incisività?

Gli antichi romani inventarono le fognature perché si ammalavano e morivano di malattie veneree: prima di allora i pitali si svuotavano dalle finestre, aspettando che venisse la pioggia a pulire le strade. E’ esattamente quello che facciamo oggi con i fumi di combustione: li buttiamo nell’aria, sperando che il vento, la pioggia e la natura la pulisca. Ma ci sono 400-500mila morti all’anno in Europa per l’inquinamento atmosferico, con un costo sanitario di circa 650 miliardi. I più colpiti dagli inquinanti sono i bambini, perché gli effetti dell’inquinamento sono inversamente proporzionali alla massa corporea. Oggi abbiamo il ciclo integrato dell’acqua e quello dei rifiuti, tra non molto dovremmo definire anche il ciclo integrato dell’aria. Questo dovrebbe avere un impatto anche sulle autorizzazioni per avviare un’attività in un immobile.

Ci fa un esempio?

Prendiamo un capannone di 100mila metri quadrati: tutta l’aria lavorata può essere espulsa anche da un camino di un metro quadrato. Si concentra in un piccolo spazio una grande emissione e chi la produce magari deve piantare alberi su una montagna per compensarla. E se invece dovesse installare un biofiltro per annullare la propria impronta ecologica? Questo genererebbe un costo in più sul prodotto: per esempio, acquistando un libro da 20 euro si saprebbe che due euro servirebbero a compensare l’impronta ecologica, bilanciando l’inquinamento. I prezzi dei prodotti oggi non sono reali, perché non includono il costo dell’inquinamento. Così molti furbastri bruciano per buttare nell’aria ciò che hanno a terra di solido. Oggi per avere la licenza edilizia bisogna avere lo scarico delle acque a norma, domani chi non ha anche lo scarico degli affluenti gassosi a norma non dovrebbe poterla ottenere. Se quella fabbrica da 100mila metri non può permettersi un biofiltro, non dovrebbe avere la possibilità di svolgere quell’attività: così risolveremmo il problema degli impatti.

Renato Ciampa è fondatore di Eco-Resolution e CEO del Laboratorio Centro Diagnostico Baronia srl. Laureato in Ingegneria, autore e divulgatore in ambito ecologico, pioniere ed esperto di economia circolare, è inventore del metodo biofiltrante Better per la biodegradabilità e depurazione dei fumi di combustione ed altri brevetti innovativi per la sostenibilità ambientale e promotore del Ciclo Integrato dell’Aria

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