03 Feb 2022

Tre giorni di lavoro, 400 giovani da tutto il mondo: i risultati di Youth4Climate

Intervista a Daniele Guadagnolo

Come è stato scelto per essere uno dei due delegati italiani alla Youth4Climate?

Il processo di selezione è iniziato a marzo-aprile. Ognuno dei 193 Paesi che appartengono a UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) doveva esprimere due rappresentanti. Ci sono stati tre livelli di selezione: nazionale, effettuata dal ministero della Transizione ecologica; giovanile, per così dire, da parte di Youngo, la youth constituency all’UNFCCC; e internazionale, a opera di UN Youth Envoy, un’entità dell’ONU che si occupa di giovani non solo a livello di clima ma anche di diritti umani. A contare sono state anche le mie esperienze.

In particolare quali?

Sono laureato in Economia, e nel 2018 ho partecipato all’UNCTAD Youth Forum, ovvero al forum delle Nazioni Unite dedicato a commercio e sviluppo. Ho fatto esperienza alle LCOY (Local Conference of Youth on Climate Change), evento organizzato da giovani per i giovani e dedicato ai temi del cambiamento climatico, versione locale e un po’ più pratica delle Conference of Youth di Youngo. Poi con alcuni amici abbiamo fondato una Onlus, Change for Planet. Il nostro punto focale è fare educazione climatica e advocacy, oltre ad attività pratiche di tipo diplomatico: abbiamo mandato una delegazione a Cop26.

La strada è il percorso da fare verso il futuro. Il legno la accompagna. Foto di Giorgio Galimberti.

Ci spiega che cosa è stato Youth4Climate?

Un evento della durata di tre giorni, con 400 giovani da tutto mondo a lavorare per 72 ore su un documento di linee guida con l’ambizione di essere implementate dagli Stati nazionali all’interno dei loro settori legislativi. Abbiamo avuto il supporto di youth advisor dell’UNFCCC e del mondo delle ONG, veri esperti in ogni tematica affrontata. È stato dunque uno sforzo comune, e il documento racchiude diverse visioni, anche da parte italiana, visto che io sono un economista mentre l’altra delegata, Federica Gasbarro, è una biologa.

Credo sia stato un punto di forza mettere assieme persone che vengono da mondi diversi, in modo che il documento fosse il più inclusivo possibile, per andare uniti nella stessa direzione. La volontà comune era quella di non scontrarci con gli Stati nazionali o con l’ONU ma, al contrario, di collaborare con chiunque, nonostante le sensibilità diverse. Uno sforzo comune che ha avuto successo, se si pensa che il nostro documento è stato presentato alla cinquantina di ministri che hanno partecipato alla PreCop. Il documento finale prodotto da Youth4Climate è fatto di 44 pagine, ma ritengo che i punti fondamentali siano quattro.

Ce li descrive?

Eravamo divisi in quattro gruppi di lavoro, ma su un punto ci siamo focalizzati tutti: andare a Net zero, cioè eliminare le emissioni di CO2 entro il 2030 in tutto il pianeta. È un obiettivo molto ambizioso, quindi il documento descrive una sorta di adattamento graduale, spiegando quali incentivi usare e quali passi compiere perché l’obiettivo sia raggiungibile, non solo in Italia ma anche in Europa e in tutto il mondo. Questo è il punto fondamentale su cui tutti i gruppi di lavoro hanno trovato una posizione comune.

Ritenete che sia un obiettivo possibile?

Sì, ma bisogna lavorare velocemente, bene e parecchio. Uno dei problemi principali è quello della cooperazione, del coordinamento tra Paesi. Uno stato può implementare tutte le energie che vuole, ma se è responsabile del 3-4 per cento delle emissioni globali da solo può fare ben poco. Come ha detto l’attivista ugandese Vanessa Nakate, che ha partecipato anche allo Youth4Climate, l’Africa è responsabile solo del 3 per cento delle emissioni globali di CO2. Stati Uniti, Cina e India hanno percentuali ben maggiori…

Qual è il secondo punto?

Un’ora al mese di educazione al cambiamento climatico e alla sostenibilità su diversi livelli scolastici.

Implementare questa attività in Italia è molto diverso dal farlo in India o in Colombia; noi abbiamo definito delle linee guida, poi spetta agli Stati nazionali decidere come applicarle. Ci siamo resi conto che per cercare di risolvere il problema del clima oggi, bisogna trovare una soluzione possibile anche per il futuro. Si deve far capire come funzionano la sostenibilità e il cambiamento climatico, in modo che le persone siano consapevoli delle conseguenze delle loro scelte, fornendo loro una base di conoscenza in modo che siano responsabili dei loro acquisti. 

Terzo?

Il coinvolgimento dei giovani all’interno dei processi decisionali sui cambiamenti climatici.

È molto complicato. Alcune prime azioni sono state intraprese: nel documento finale di Cop26 ci sono punti che fanno un riferimento diretto alle linee guida uscite da Youth4Climate. Il ruolo dei giovani sta avendo una spinta, non dico che stia diventando vincolante come vorremmo ma siamo sulla buona strada. Bisogna creare un ponte di collegamento tra giovani ed entità nazionali, e tra giovani ed entità internazionali: in questo momento quest’ultimo è più facile. Si sta iniziando a capire l’importanza di questo dialogo. È un processo in via di sviluppo. Non siamo messi in vetrina ma abbiamo una sorta di responsabilità; non ci devono invitare a un evento all’anno per farci dire due parole, è un processo un po’ più lungo, che va avanti nel tempo.

Il quarto punto ha a che fare con i meccanismi economici?

Proprio così. Serve un meccanismo di finanziamento più trasparente, che semplifichi l’accesso dei giovani imprenditori, subissati dalla burocrazia e carenti di informazioni, in modo da favorire la loro partecipazione allo sviluppo sostenibile e all’adozione di soluzioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Inoltre il problema fondamentale, che è anche un enorme problema di legislatura globale, è l’esigenza di cambiare il mindset delle aziende. Si tratta di superare il modello ormai antico che punta solo al break even, cioè solo a fare soldi. Bisogna guardare al lungo periodo, da un lato per valutare l’impatto delle proprie azioni a livello di tessuto economico e ambientale, dall’altro perché si possono magari fare soldi subito, ma se non si tiene conto dei fattori ESG non ci sono prospettive di continuare a farne. I prodotti non sostenibili, per esempio, possono essere boicottati anche se hanno un prezzo stracciato. La tendenza del mercato è l’acquisto di beni con un prezzo un po’ più alto ma con un impatto contenuto, e sostenibili. La direzione che sta prendendo il mondo è questa.

Che rapporto avete con il movimento Fridays for Future?

Siamo complementari. Fridays for Future ha un ruolo mediatico ineccepibile, in grado di scuotere la coscienza delle persone. Sono arrivati dove nessuno era riuscito fino a cinque anni fa, hanno fatto un’opera incredibile. Quel che possiamo fare noi è portare un po’ di materia tecnica. Loro si occupano di advocacy e media, noi della parte pratica. La loro azione va benissimo, ma servono anche cose concrete; noi di Youth4Climate abbiamo i nostri campi di competenza.


Daniele Guadagnolo è co-fondatore e membro attivo di diverse organizzazioni e network dedicate alla sostenibilità, tra cui Change For Planet. È stato rappresentante
dell’Italia alla conferenza dei giovani sul clima di Milano, Youth4Climate.

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