14 Set 2021

Una vita quotidiana green

La rivoluzione ambientale parte da scelte pubbliche e individuali che migliorano la qualità dell’esistenza

Intervista ad Antonio Cianciullo

Come affrontare in modo efficace il global warming?

Gli elementi per uscire dalla morsa del cambiamento climatico dal punto di vista tecnologico e finanziario ci sono, vista anche la forte spinta all’innovazione che il disastro del Covid ha rilanciato. Eppure qualcosa ancora manca, qualcosa rallenta il progresso, la transizione ecologica.

Di cosa si tratta?

Non c’è solo il peso delle lobby dei combustibili fossili, che hanno governato il mondo per molti decenni e resistono al cambiamento. Questo è evidente, ma forse è più difficile accorgersi di un difetto comunicativo che c’è dietro la battaglia sulla crisi climatica. C’è stata la tendenza a dare alla questione un accento burocratico, visto che è stata gestita meritoriamente dall’Onu, che però è un luogo molto istituzionale, dove la comunicazione non è facilmente efficace. La seconda difficoltà nasce dal fatto che al tema si è arrivati attraverso una denuncia che inevitabilmente poneva l’accento sul problema, sull’allarme, sul pericolo, perché era la scoperta di una grande minaccia. Poi però le cose si sono andate evolvendo, la tecnologia ha seguito in larga parte le preoccupazioni espresse dalla comunità scientifica. Queste possibilità tecnologiche sono maturate attraverso l’operato di tante istituzioni a livello soprattutto locale, di alcuni governi, delle associazioni, soprattutto di moltissimi cittadini. L’opinione pubblica si è schierata nettamente a favore della sicurezza climatica. I Fridays for Future sono l’ultima e più evidente rappresentazione di questa scelta di campo dell’opinione pubblica, in particolar modo dei più giovani, quelli che hanno più futuro davanti e lo vogliono difendere.

Qual è dunque il percorso che non è ancora stato intrapreso con sufficiente decisione?

Quello di porre la questione ambientale per quello che è: una grande rivoluzione tecnologica, culturale e sociale che può cambiare il mondo in meglio. Quindi non si tratta di fare dei sacrifici in nome di un futuro lontano e indeterminato, ma piuttosto di migliorare la nostra vita quotidiana. Questo è possibile, e sta già avvenendo. Per esempio nel campo dei trasporti. Invece di uscire di casa per rimanere intrappolati tra le lamiere e respirare un’aria puzzolente che oltre tutto uccide più di 60mila italiani all’anno, invece di essere costretti in assenza di alternative a subire questa vessazione potremmo muoverci (e cominciamo a farlo) diversamente. In un modo che preservi la libertà di movimento che l’automobile, grande sogno del dopoguerra, ha assicurato, ma senza i fumi che inquinano l’aria. Questo attraverso l’innovazione dei motori elettrici, ma anche con una maggiore varietà di comportamenti, che alterni l’uso di mezzi adatti a medio lunghe distanze e di quelli più idonei alle brevi e brevissime. Perché in tante città del nord Europa si gira di più in bicicletta e sui mezzi pubblici che in auto? Perché fanno un fioretto? Perché sono eticamente superiori?

Lei che dice?

Perché le condizioni di vita rendono questa possibilit più piacevole, più comoda, più utile di quella di ficcarsi in una macchina in mezzo al traffico. In Italia nel secolo scorso abbiamo fatto degli investimenti poderosi a vantaggio dell’auto privata. Anzi, abbiamo smantellato un buon sistema di trasporto su ferro urbano, le tramvie, per lasciar spazio all’auto privata: un autogol. Abbiamo investito grandi risorse pubbliche tirate fuori dalle tasche dei cittadini per avvantaggiare il sistema dell’auto privata. È arrivato il momento di fare il contrario, di utilizzare il denaro pubblico per un interesse che sia più immediatamente pubblico: la qualità del trasporto collettivo e la possibilità di fare delle scelte individuali attraverso il car sharing, la bicicletta, il muoversi a piedi, che permettano di migliorare la vita. Questo è lo scenario per il trasporto, ma analoghi cambiamenti possono essere immaginati per tutti gli altri settori della nostra vita, dall’agricoltura all’edilizia. Ma l’idea di fondo è sempre la stessa.

Ce la riassume?

Non si tratta di rinunciare, non si tratta di spendere di più ma al contrario di aumentare la qualità della vita, di ridurre gli sprechi, le spese finalizzate a attività che danneggiano i cittadini. Con questo riassetto potremmo già oggi tranquillamente accelerare la transizione ecologica verso una società che ci metta al sicuro dalla crisi climatica. Questa è l’idea che stenta a passare, quella ancora prevalente è l’idea del sangue, del sudore e della sofferenza. Ciò non significa affermare che la fatica in questa transizione non ci sarà. Chi lavora in settori che verranno sostituiti, come quello dei combustibili fossili, rischia il posto di lavoro: questo è il motivo per cui c’è una certa diffidenza verso questo progetto, una resistenza da parte di alcuni gruppi sociali. Ma questo avviene perché manca o non è sufficientemente chiaro un necessario progetto che accompagni a questo processo di transizione un’idea di giustizia sociale, di protezione delle persone la cui attività è messa in discussione dal cambiamento.


Antonio Cianciullo, giornalista, segue da oltre trent’anni i temi ambientali per importanti testate. Ha pubblicato vari libri, l’ultimo dei quali è Un pianeta ad aria condizionata, Aboca, 2019.

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