14 Mag 2021

L’economia verde e blu che crea diamanti dai rifiuti

Perché il digitale è il grande alleato dell’ambiente e come può cambiare la produzione industriale  

Intervista a Luciano Floridi

“Il blu del digitale è un grande alleato del verde ambientale.” È un passo del suo ultimo libro Il verde e il blu. Ci spiega perché? 

La tecnologia spesso in passato è stata considerata un nemico dell’ambiente. Era vista come tecnologia industriale, che portava al consumo di risorse e quindi alla non sostenibilità di quel consumo. Il digitale cambia questa prospettiva, ci permette di vedere l’evoluzione tecnologica digitale come un alleato dell’ambiente. Questo per tre ragioni fondamentali. Primo, il digitale permette di fare molto di più con molto meno: pensiamo solo ai consumi energetici, all’arrivo dei led che fanno parte del digitale, oppure all’utilizzo del machine learning per abbattere i consumi di energia elettrica nelle grandi aziende come Google. Questo vuol dire avere opportunità enormi di ottimizzazione e di efficienza permesse solo dal digitale, che gestisce in maniera di gran lunga migliore i dati a nostra disposizione. Basti pensare al riscaldamento urbano: quanto abbiamo riscaldato quando non eravamo in casa, perché non potevamo fare diversamente. Oggi basta un termostato un po’ intelligente, e possiamo riscaldare gli ambienti di cui abbiamo bisogno quando ne abbiamo bisogno. Secondo, il digitale permette di cogliere opportunità che altrimenti non potremmo cogliere, spostando la soglia di quello che è economicamente interessante. Se fino all’altro ieri non potevo operare in un certo modo perché i costi ambientali ed economici sarebbero stati troppo alti, oggi il digitale mi permette di farlo. Si pensi per esempio alle automobili, che sono sempre di più computer su quattro ruote. Certe opportunità che riusciamo a cogliere non sono soltanto di efficienza, ma di fattibilità; non si limitano a permetterci di fare meglio quello che già facciamo utilizzando sempre meno risorse, ma ci permettono di ampliare quello che possiamo fare: questo è fondamentale.


L’ultimo libro di Luciano Floridi, Il verde e il blu, Milano, Cortina, 2020.

E la terza ragione?

Il digitale permette la trasformazione di componenti dell’ambiente in risorse. Il termine inglese waste significa al contempo rifiuto, scarto e spreco anche nel senso di opportunità mancata: il digitale ci permette di trattare il waste nel suo senso ampio come una risorsa. Prendiamo l’anidride carbonica, il waste forse peggiore che abbiamo oggi. Sembra soltanto un costo, un peso, un problema. Eppure grazie all’innovazione tecnologica spinta dal digitale è possibile prendere il carbonio dal CO2 e produrre diamanti sintetici. Un diamante da 2 carati contiene una quantità di anidride carbonica pari all’impatto ambientale di un italiano in 7 anni. Oppure possiamo trasformarla in grafene, quel materiale estremamente flessibile, resistente e duttile i cui inventori hanno vinto il premio Nobel. Per questo il digitale fa bene all’ambiente. Se ci avviassimo con serietà su questa strada faremmo bene al business e all’ambiente, quindi sia alla società che agli habitat in cui si sviluppa. Questo è il verde e il blu verso il quale dovremmo muoverci. Mi auguro che si vada con una certa velocità e coraggio in questa direzione. Ci sono segnali positivi, altri un po’ meno entusiasmanti.

Qual è lo stato dell’arte del rapporto tra i promessi sposi blu e verde? Chi è Don Abbondio in questo caso?

Siccome ne vado parlando da tanto tempo, a me sembra che oggi finalmente si stia muovendo qualcosa. Le assicuro che quando ne parlavo tanti anni fa era un discorso puramente teorico, anzi osteggiato da chi aveva una visione ambientalista anti-tecnologica. Oggi anche i partiti verdi, per esempio in Francia, sono molto più favorevoli a certi tipi di tecnologia, avendo capito che può essere un grande alleato dell’ambientalismo. Negli ultimi dieci anni ci sono stati notevoli passi avanti, non foss’altro che per la focalizzazione sul tema ormai data per scontata, che è fondamentale.  Secondo me oggi l’errore che si sta ancora commettendo è che questo verde e blu venga ancora visto come un di più, un qualcosa di cui c’è bisogno ma è un extra, la ciliegina sulla torta. Parte del mio lavoro è spiegare che non è la ciliegina sulla torta: è la torta. Oggi il business di una società avanzata del ventunesimo secolo sta nel produrre verde e blu, non nel dare una mano di verde e blu a quello che comunque già faceva in passato.

Being a Wallflower, Ritratti di piante. Fotografia di Ugo Galassi

Qualche esempio pratico?

Continuare a produrre gli spilli cari a Adam Smith, pur facendolo in maniera sostenibile e con tanto digitale, non basta. Devo proprio smettere di produrre spilli, e cominciare a produrre per esempio energia verde, o prodotti riciclati, o nuovi materiali riciclabili: lì sta la differenza. O noi ripartiremo anche in Italia su un’economia che si basa sul verde e il blu, spostandone il baricentro, oppure continueremo a fare le cose novecentesche in cui però la differenza, il valore aggiunto, lo avranno altri. Allora saremo noi magari a dire: la mia azienda consuma soltanto energia verde. E da chi la compri? Dall’industria che la produce. E chi sta veramente traendo profitti da questo? L’industria che la produce, appunto. Se potessi, investirei nell’azienda che fa i diamanti con l’anidride carbonica. La vorrei vedere non chissà dove in California, ma in Toscana, dove c’è un’enorme tradizione artigianale per la lavorazione dell’oro. Quello è il genere di innovazione che vorrei vedere, perché quello è il modo di usare il verde e il blu sul serio, cioè facendone il fondamento del mio business, non un di più che comunque devo fare. Va trasformato il dna della nostra produzione industriale: allora faremo sul serio, e allora c’è spazio enorme davanti a noi, c’è un ventunesimo secolo da conquistare.

Luciano Floridi è professore ordinario di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford e chairman del Data Ethics Group dell’Alan Turing Institute, l’istituto britannico per la data science e l’intelligenza artificiale.

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