13 Nov 2024
Educare per trasformare
Un cambiamento radicale a partire dalla scuola e dagli insegnanti. Un progetto di Rilegno
intervista a MICHELA MAYER
Perché un’educazione trasformativa?
Quando parliamo di educazione formativa, vogliamo dire che l’educazione deve “dare una forma”. Una forma ideale costituita da idee, regole, modi di fare, che una società ha individuato come proprie modalità tipiche per mantenersi e svilupparsi. Dire che l’educazione deve essere “trasformativa” vuol dire capire che la nostra società, educata al consumo di risorse e alla mancanza di rispetto per l’ambiente, è insostenibile. Ogni nucleo umano ha cercato di trasmettere quel che aveva imparato alle nuove generazioni, perché potessero replicare i successi, e possibilmente evitare gli insuccessi, di quelle precedenti. Si tratta dunque di modificare l’educazione così come l’abbiamo sviluppata negli ultimi duecento anni.
C’è davvero questa esigenza?
L’educazione formativa non va abbandonata. Le conoscenze scientifiche, artistiche, letterarie che abbiamo sviluppato, le affermazioni sui diritti umani e del Pianeta, costituiscono una conquista dell’umanità. Ma molti aspetti del nostro vivere quotidiano denotano una mancanza di rispetto della casa in cui viviamo. Per questo l’educazione deve essere trasformativa. Non per “salvare il pianeta”, ma per salvare noi stessi. La vita sul pianeta ha già avuto altre crisi e sopravviverà. Il problema riguarda noi. Stiamo andando come lemming verso un burrone.
Quali sono le caratteristiche dell’educazione trasformativa?
Ci sono quattro elementi fondamentali, che coincidono con le quattro competenze chiave che la Ue ha proposto nel 2022. Il primo è la speranza per il futuro. Il rischio è che a scuola riempiamo i ragazzi di informazioni su come va male il mondo, con il risultato che ognuno di loro dica: e io che ci posso fare? Vivo la mia vita al meglio possibile. Me la voglio godere, voglio fare carriera, tanto non posso farci nulla. Greta Thunberg ha dato un segnale: anche i giovani che non hanno ancora un ruolo nella società, ma potranno averlo, possono fare qualcosa.
Il secondo elemento?
Sono i valori, la consapevolezza di quali sono le cose importanti per l’umanità. Solo la riflessione su cosa ci interessa proteggere come genere umano e come singole persone può darci una visione per il futuro. A scuola si lavora poco sui valori, e si praticano solo come regole disciplinari. La scuola dell’infanzia e le elementari sono quelle in cui si lavora di più sul rispetto, sull’inclusione, sul lavorare insieme, mentre lo si fa molto meno nelle superiori.
E gli altri due elementi fondamentali?
Intanto la complessità. La nostra società ha enormemente semplificato la visione del mondo. La rivoluzione industriale ci ha portato a costruire macchine che ci hanno liberato dai vincoli della natura. Ci siamo sentiti padroni di cambiare regole che sembravano immodificabili. Invece, se si modifica un elemento, anche tutto il resto cambia e magari ce ne rendiamo conto solo dopo cento o duecento anni. Il problema del cambiamento climatico comincia con la rivoluzione industriale. Le discipline insegnante a scuola sono sempre proposte in una forma semplificata. La realtà ha molti più imprevisti e molti più rischi.
Infine, l’azione. Non si può educare senza preparare a fare qualcosa. Ma la scuola non lo fa. Anche l’ex alternanza scuola – lavoro, oggi ‘Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO)’ sembra andare nella direzione dell’azione, ma in realtà non lascia ai ragazzi nessuna possibilità di definire il loro obiettivo e il loro modo di agire. L’educazione trasformativa spinge i ragazzi a pensare qualche azione, anche minima, che possono compiere per andare nella direzione di un futuro più sostenibile. Bisogna spingere le scuole e i giovani a fare qualcosa, non solo a capire che è importante, non solo a immaginare il futuro, ma a fare qualcosa, anche di piccolo, perchè quel futuro si realizzi. E’ più facile trovare piccole cose da fare alle scuole elementari, come un giardino o un orto. Molto più difficile alle superiori, specie quelle considerate d’élite.
Qual è il senso del progetto Rilegno?
La scommessa è di coinvolgere gli insegnanti, che hanno un ruolo fondamentale. Molti sono sensibili al tema, sentono che la disciplina che insegnano può aiutare i ragazzi a essere più costruttivi e trasformativi, ma si sentono ingabbiati dai programmi e dai libri di testo. Spesso è la società stessa che non comprende il ruolo che l’educazione può svolgere per una ‘transizione’ ecologica che conduca a una società più equa e più attenta al futuro. Rilegno ha scelto di sostenere gli insegnanti in questa sfida, di offrire loro la possibilità di mettersi in ricerca, di raccontarsi e di confrontare idee e metodi – dall’infanzia alle superiori – per costruire esempi di Educazione Trasformativa verso una Società Equa e Sostenibile.