18 Giu 2020

Alla ricerca del bosco perduto

È importante recuperare la cultura della forestazione produttiva

Intervista a Ermete Realacci


Ermete Realacci, ambientalista e politico italiano, è presidente onorario di Legambiente.

Crede che la ripiantumazione possa avere un ruolo importante in Italia?
Si può fare tantissimo. L’Italia è uno dei leader mondiali nel settore del legno arredo. Siamo i secondi esportatori al mondo dopo la Cina, che è molto più avanti, ma abbiamo anche prestazioni ambientali interessanti: consumiamo meno energia, recuperiamo più legno, abbiamo buone prestazioni su capitoli delicati come la formaldeide. Ma la tradizione della produzione di legname in Italia si è un po’ persa, si tratta di recuperare una professione. È una perdita di cultura che impoverisce il territorio e rende più fragili colline e montagne. Quanto accaduto con la tempesta Vaia è legato al verificarsi di fenomeni estremi, ma anche recuperare la cultura della forestazione produttiva è importante per il nostro paese. L’anno prossimo Symbola organizzerà iniziative in materia per un passaggio simbolico importante.

Di cosa si tratta?
Dei 500 anni della regola camaldolese. I monaci camaldolesi gestivano grandi boschi, per esempio le foreste casentinesi. Per loro era anche una fonte di reddito importante. Nella regola camaldolese del 1520 c’è un passaggio sulla cura dei boschi che trovo non solo efficace, ma anche suggestivo e poetico: “E quando se n’ha da tagliare, il custode procuri d’essere presente, acciocché siano tagliati in que’ luoghi, et quegli abeti, che manco diminuiscono la selva, et manco le tolgano della sua bellezza et vaghezza.” Trovo che sia un passaggio bellissimo. C’è un elemento proprio anche di altre culture, l’utilizzo intelligente delle foreste: per tagliare gli alberi ci vogliono delle regole e qualcuno che ne garantisca il rispetto in modo che si tuteli la riproducibilità del bosco; inoltre introduce il concetto di bellezza e vaghezza del bosco. Dobbiamo recuperare queste culture antiche e incrociarle con la domanda di verde in città.

Un fenomeno in crescita?
Molte città italiane si muovono verso una riforestazione, legata al fatto che la presenza degli alberi combatte l’inquinamento e mitiga il clima: la presenza significativa di alberi abbatte le polveri sottili, rinfresca l’aria d’estate e mitiga il freddo d’inverno. La spinta alla forestazione urbana in Italia e nel mondo ha trovato un simbolo nel Bosco verticale (progettato a Milano da Stefano Boeri, ndr) ma in realtà è molto estesa e diffusa. Aggiungo, e questo per me è motivo d’orgoglio, che ci sono anche misure spesso non conosciute e sottoutilizzate, come per esempio il bonus verde (una detrazione Irpef del 36 per cento sulle spese sostenute per la sistemazione di giardini, terrazzi e coperture da ripartire in dieci quote annuali di pari importo, ndr).

Vede la possibilità di un’evoluzione positiva?
Abbiamo degli strumenti, ma bisogna costruire una filiera produttiva che coinvolga le comunità e i territori, e abbia come punto di riferimento finale la filiera del legno, una delle più forti al mondo. Si deve anche superare una visione un po’ troppo casuale della crescita senza qualità, dell’inselvatichimento senza cura che produce boscaglia, non boschi. Ma credo possano esserci le condizioni, mettendo insieme tutti gli attori, per un’inversione di rotta, un’accelerazione.

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